Diario dal Campo

I nuovi campi spuntano. Tenuti ben nascosti ma al contempo davanti a tutti.

Il silenzio assenso, come il più peggiore dei mali, spalanca le porte alla violenza e al permissivismo.

Non vietare per permettere: la nuova strategia, la nuova arma degli assassini.

Fermi a guardare.
Gli aguzzini si preparano a sparare.





2 pesi 2 misure





















Mentre il mondo intero si unisce compatto per bloccare l’ingiusta condanna a morte per lapidazione di Sakineh Mohammadi Ashtiani, passa sotto silenzio il caso di Ebrahim Hamidi, giovane diciottenne colpevole di essere gay e per questo motivo condannato a morte per impiccagione.
Due storie di diritti negati in uno stato, l’Iran, che non concede libertà di nessun genere.

Dal sito di Amnesty International si viene a conoscenza della storia di Ebrahim Hamidi, condannato a morte per una presunta aggressione sessuale avvenuta due anni fa nei confronti di un uomo.
Il ragazzo, che all’epoca era minorenne, fu coinvolto in una rissa alla periferia di Tabriz, nella provincia dell’Azerbaijan orientale. Arrestato con tre suoi amici e accusato di aggressione sessuale nei confronti dell’uomo con cui avevano litigato violentemente, fu costretto a confessare dopo 3 giorni di tortura carceraria.
Ai suoi tre amici venne promessa la scarcerazione se avessero giurato il falso, ovvero se avessero incolpato Ebrahim Hamidi come unico artefice dell’accaduto.
Vennero assolti e solo Ebrahim rimase in carcere e condannato a morte per lavat, ovvero “sodomia”.

Il 7 luglio 2010 la presunta vittima della violenza sessuale ha confesso di aver mentito su pressione della famiglia, il tutto registrato dalla polizia.
Questo ha fatto si che la Corte Suprema si interessasse al caso respingendo la sentenza di condanna e ordinandone il riesame, ma la Corte Provinciale dell’Azerbaijan orientale sta cerando di velocizzare i tempi per condurre il ragazzo all’impiccagione.

Tutt’ora Ebrahim Hamidi è senza difesa legale. L’avvocato che ne seguiva il caso, Mohammad Mostafaei, è stato costretto a espatriare per le troppe minacce ricevute, a causa del suo lavoro di difesa anche nel caso di Sakineh Mohammadi Ashtiani.Ha cercato però di catalizzare l’attenzione sul ragazzo trovando risposta nell’opinione pubblica francese e, in particolare, nella figura del Ministro degli Esteri, il quale ha dichiarato:
Condanniamo questa decisione che rivolta le coscienze e giustifica la mobilitazione internazionale contro le gravi violazioni dei diritti umani fondati sugli orientamenti sessuali in Iran e in tutti i Paesi dove sono ancora praticate.

In Italia ha preso parola l’ex presidente dell’ArciGay e leader storico della comunità gay, Aurelio Mancuso, che reclama un intervento della Farnesina e rivolgendosi all’onorevole Frattini dichiara:
Sono certo che il nostro governo saprà far sentire la voce del nostro paese in difesa della vita, dei diritti umani.

È possibile firmare l’appello sul sito di Amnesty International.

(lunedì 6 settembre 2010,
torna il buio qui al campo 6)


Nessun commento:

Posta un commento