Diario dal Campo

I nuovi campi spuntano. Tenuti ben nascosti ma al contempo davanti a tutti.

Il silenzio assenso, come il più peggiore dei mali, spalanca le porte alla violenza e al permissivismo.

Non vietare per permettere: la nuova strategia, la nuova arma degli assassini.

Fermi a guardare.
Gli aguzzini si preparano a sparare.





ora di storia

IL NAZISMO
E LA PERSECUZIONE DEGLI OMOSESSUALI

Gli omosessuali, troppo a lungo e ancora oggi troppo spesso dimenticati, sono stati il terzo gruppo, dopo ebrei e zingari, ad essere perseguitati, internati e uccisi nei campi di sterminio. Con l’intento di purificare la società tedesca e propagare l’ideale di razza Ariana, i nazisti condannarono gli omosessuali come “socialmente aberranti”. Subito dopo essere stato eletto, il 30 gennaio 1933, Hitler mise fuori legge tutte le associazioni gay e lesbiche. Le truppe di Camicie Brune (SS) razziarono in brevissimo tempo tutti i luoghi di incontro e di socializzazione degli omosessuali.

"Furono 100mila gli omosessuali arrestati dai nazisti tra il 1933 e il 1945. Tra questi, 15mila vennero internati nei campi di concentramento. Dai documenti ufficiali del regime e' risultato che solo 4mila furono i sopravvissuti". I dati sono forniti dall'Arcigay che, ogni anno partecipa attivamente in molte città italiane, come parte in causa, alle celebrazioni della 'Giornata della memoria' iniziate nell'anno 2000.

"La persecuzione dei 'triangoli rosa' sta lentamente uscendo dall'invisibilita', grazie all'impegno della comunita' omosessuale -afferma il presidente dell'associazione Sergio Lo Giudice- Purtroppo sono ancora tante le resistenze e gli ostacoli ad un ricordo pieno e senza imbarazzi di quello sterminio".

Sono ancora molti, secondo Lo Giudice, quelli che "preferiscono ignorare quei morti, imbarazzati dal razzismo delle loro stesse posizioni odierne sull'omosessualita'".

I testi raccolti in questo dossier sono solo rappresentativi della vasta e interessante letteratura che è oggi disponibile sull'argomento, soprattutto su internet (Rimandiamo, per coloro che vogliono approfondire l'argomento, alla vasta raccolta di documenti e indirizzi web che si trovano sul sito dello storico Giovanni Dall'Orto)

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TRIANGOLI ROSA
Di Roberto Mauri

A febbraio ricorre da qualche anno la “Giornata della Memoria”, per ricordare le vittime dei lager nazisti. Una persecuzione che ha colpito anche decine di migliaia di persone omosessuali.

Il triangolo rosa: un simbolo comune nel mondo gay, da quando è stato adottato dalmovimento di liberazione gay. Quel triangolo, appiccicato sulla vetrina di un negozio del centro, oggi ci attrae, ci dice che lì non saremo discriminati, che quello è in sostanza un luogo gay. Ma quando il triangolo rosa nacque, non fu per indicare protezione e appartenenza...
Un triangolo rosa cucito sulla giacca, in un campo di concentramento nazista, significava che chi lo portava era un perverso, un rifiuto sociale buono solo per la fatica ed alla fine per la morte.
Dal 1933 insieme agli ebrei, agli zingari, ai testimoni di Geova, e ai comunisti, anche i gay conobbero la deportazione e la vita nei campi di concentramento; anche i gay furono considerati “nemici del Reich e della razza”; anche i gay furono sterminati e cremati. E fu proprio dentro ai campi di concentramento che Hitler e i suoi uomini decisero di distinguere i gay dagli altri deportati attraverso un triangolo rosa.

Al contrario di quanto pensano alcuni, la deportazione degli omosessuali non fu un fatto al quale i nazisti offrirono scarsa attenzione: è dimostrato che le autorità tedesche trattarono la questione molte volte. Nel 1934, per esempio, la Gestapo (la polizia politica nazista) richiese a tutti i dipartimenti di polizia di compilare un elenco di persone notoriamente omosessuali.
Un paio d’anni dopo, la repressione contro i gay si rese ancora più feroce: il ministro Himmler prese pubblicamente posizione contro il pericolo che l’omosessualità rappresentava per la razza. Nacque addirittura il Dipartimento di Sicurezza Federale contro l’aborto e l’omosessualità. I treni si riempivano intanto sempre più spesso di deportati omosessuali.
Nel 1937 Himmler, in un incontro tenutosi fra lui e i comandanti delle SS, dichiarò che eliminare gli omosessuali era diventato necessario.
Anche all’interno delle forze armate tedesche venne fatta pulizia in profondità e chi veniva considerato gay aveva un solo modo per salvarsi la vita: accettare la castrazione e partire verso i fronti più pericolosi.
In Italia per fortuna il quadro era diverso: dal 1936 le autorità fasciste punirono la “devianza sessuale” con il semplice confino.

In tempi di revisionismo storico feroce, oggi alcuni starnazzano stupidaggini sostenendo che gli omosessuali non furono mai deportati in base al loro orientamento sessuale, ma questo viene sistematicamente smentito dai fatti.
Piaccia o no, secondo i dati rinvenuti negli archivi di diversi lager, presso i tribunali e gli uffici di polizia, risulta che nel 1943 i campi di concentramento avevano già ospitato 46.436 persone omosessuali e gli storici più possibilisti si spingono fino a una valutazione complessiva che arriva a 250.000 deportati.
Per questa ragione Irène Michine, rappresentante della francese Federazione nazionale dei deportati e degli internati resistenti e patrioti sostiene che si deve insistere perché anche gli omosessuali vengano universalmente considerati vittime a pieno titolo della deportazione, ed auspica fra l’altro che anche ai gay vengano dedicati monumenti commemorativi.
Dall’altra parte della barricata siede invece Pierre Edues che dalle colonne della rivista “Illico” all’inizio del 2002 dichiarava: “Non c’è stata nessuna deportazione omosessuale. Ho letto il rapporto della Fondazione per la memoria della deportazione i cui dirigenti non sono ex deportati. Sono stato in diversi campi e non ho mai visto dei triangoli rosa. Quelli che manifestano oggi per loro non sono i loro figli: i gay non hanno figli”.
È triste pensare che esista ancora gente col tempo e la voglia di negare un fatto storico inconfutabile. È patetico notare che gli argomenti che usa sono poverissimi e privi di qualunque interesse. Si annoti, signor Edues, che la memoria non è qualcosa che si passa necessaria-mente di padre in figlio; non ha niente a che vedere con la genetica.
Un piccolo popolo di persone silenziose e miti si è spento in decine di campi di sterminio. Non per cause religiose, non per ragioni razziali e nemmeno per motivi legati al proprio credo politico.
Di questo sterminio quasi non resta memoria. Una targa di marmo rosa, piccola, discreta e giusta, che commemora le vittime gay della violenza nazista nel campo di concentramento di Dachau, ha atteso più di vent’anni prima di ottenere la necessaria autorizzazione.
Ad Amsterdam si trova un monumento più celebre, il grande ”Homomonument” che attrae turisti gay da tutto il mondo.
Anche in Italia esiste un monumento alla memoria delle vittime omosessuali sotto il nazismo: si trova a Bologna presso la Piazza di Porta Saragozza (per terra, nei giardini al lato del celebre “Cassero”: http://www.cassero.it/show.php?248).

Oggi quello che resta agli omosessuali italiani per non perdere la memoria è quella lapide discreta di Bologna, qualche raro libro e un triangolo rosa che anche quando serve per indicare una discoteca, un club o una rivista, ha dietro alle spalle la storia che gli appartiene.

(da Pride di Gennaio 2003)

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DUE LIBRI INDISPENSABILI:

Massimo Consoli
HOMOCAUST
Il nazismo e la persecuzione degli omosessuali
Pagg. 280 – € 20,66

Una delle pagine più atroci e sottaciute della ne- fasta storia del nazismo è quella relativa alla persecuzione degli omosessuali. Homocaust scrive questa pagina, attraverso una puntuale rico- struzione delle fasi storiche che portarono il pregiudizio antiomosessuale a divenire uno dei capisaldi dell’ideologia nazista. A partire dalle stesse implicazioni omosessuali che in Germania caratterizzarono l’avvento al potere del Partito nazista, e che segnarono sullo sfondo il tragico divenire del Terzo Reich, fino allo sterminio di centinaia di migliaia di “Triangolo Rosa” nei lager hitleriani. Illustrato con foto b/n e a colori.

Circolo Pink (a cura)
LE RAGIONI DI UN SILENZIO
La persecuzione degli omosessuali durante il nazismo e il fascismo
pp. 156, Euro 13,50

Il regime nazista deportò oltre 10.000 "triangoli rosa" nei lager, ma la stima del loro numero é destinata a crescere, grazie alla rottura del silenzio sulla sorte dei gay e delle lesbiche nell' Europa nazifascista, come spiegano gli storici italiani e tedeschi nel libro a cura del Circolo Pink di Verona.




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